Fine tutela: quanto pagherà chi non sceglie?

di altrabolletta

30 aprile 2018

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Sulla fine tutela prevista per il 2019 sono ancora molte le incertezze. La stessa data, per quanto legge, è messa in dubbio dalle principali forze politiche e non è detto subisca ulteriori slittamenti.

La campagna informativa istituzionale è ben al di là da venire, cosicché le informazioni disponibili al pubblico sono poche e frammentarie. Oltre alle note obbligatoriamente inserite in fattura, che in pochi leggono, le notizie in merito giungono principalmente dai fornitori, il cui obiettivo principale è acquisire clienti:

Uno dei punti più controversi è che fine farà chi non dovesse scegliere un fornitore sul mercato libero. Nell’iter parlamentare della Legge Concorrenza si era parlato di assegnare i clienti rimasti in maggior tutela tramite aste, ma poi l’opzione è stata accantonata. Sulla stampa specializzata si è parlato nei giorni scorsi di una possibile applicazione, da parte del fornitore storico, delle offerte PLACET a quei clienti che non sceglieranno il mercato libero entro Luglio 2019. Cosa significa questo per le tasche di clienti e fornitori? Proviamo a mettere insieme un po’ di numeri.

Chi fornisce i clienti in tutela e quanto ricava

La legge attuale prevede che i clienti che non hanno scelto un fornitore sul mercato libero vengano riforniti dall’impresa di distribuzione locale. Salvo rarissime eccezioni, questa si può avvalere di una società di vendita collegata, che nella maggioranza dei casi è la stessa che vende sul mercato libero. Fino a qualche tempo fa, ciò avveniva con il medesimo marchio accrescendo la confusione dei clienti. Dal 2017 è applicato il brand unbundling che prevede una netta separazione delle attività in tutela e sul mercato libero, aiutando i clienti a distinguere meglio.

Margini in quota energia

L’acquisto dell’energia viene fatto dall’Acquirente Unico, una società pubblica che acquista per tutti gli esercenti la tutela. Il prezzo applicato ai clienti finali tiene conto degli effettivi costi di acquisto, e in prima approssimazione possiamo dire che la quota energia è un puro ribaltamento di costo. Se confrontiamo il prezzo medio per fasce pubblicato dal GME con il relativo prezzo di cessione di AU, otteniamo una differenza di poco superiore a 1 €/MWh. Quindi possiamo stimare che qualsiasi sovrapprezzo sul PUN eccedente circa 1,2 €/MWh rappresenta il margine variabile del fornitore.

Margini in quota fissa

Inoltre, i fornitori in maggior tutela applicano un corrispettivo fisso chiamato PCV di circa 58 €/anno. Questo è a copertura dei costi commerciali, quindi quelli per l’acquisizione e gestione del cliente, comprese le eventuali insolvenze. Tuttavia, solo una parte di questo corrispettivo viene trattenuto dai fornitori. Questa parte, chiamata RCV, serve a coprirne i costi e garantire l’equa remunerazione del capitale, incentivandone l’efficienza. Se il fornitore ha oltre 10 milioni di clienti, per i domestici la RCV vale tra 27 e 30 €/anno, mentre per gli altri tra 54 e 90 €/anno. Per quelli con meno di 10 milioni di clienti, i valori sono tra 37 e 41 €/anno per i domestici e tra 73 e 146 €/anno per i non domestici. Nel seguito dell’analisi, considereremo quindi margine fisso del fornitore i valori eccedenti:

  • per i clienti domestici:
    • 28,5 €/anno se l’impresa ha oltre 10.000.000 di clienti;
    • 39 €/anno se l’impresa ne ha meno;
  • per i clienti non domestici:
    • 72 €/anno se l’impresa ha oltre 10.000.000 di clienti;
    • 109,5 €/anno se l’impresa ne ha meno;

Quanto pagherebbero con le offerte PLACET i clienti inerti a fine tutela?

Per valutare le differenze di costi (per i clienti) e ricavi (per i fornitori) siamo partiti dai dati presenti nella tabola 2.15 della Relazione Annuale ARERA 2017. Abbiamo considerato i primi tre distributori, e per ciascuno abbiamo ricercato le offerte PLACET della società di vendita collegata. Per semplificare il confronto, abbiamo considerato l’offerta PLACET variabile che ci consente di stimare facilmente il sovrapprezzo sulla quota energia.

Clienti domestici

Enel Energia offre una PLACET con 78 €/anno di quota fissa e 5 €/MWh di sovrapprezzo sul PUN. Dal momento che Enel opera in tutta Italia, consideriamo i valore medio di RCV di 28,87 €/anno sul quale viene quindi applicato un sovrapprezzo di 49,13 €/anno. Sulla quota energia invece rispetto al break even stimato di 1,2 €/MWh è applicato un ricarico di 3,8 €/MWh. Considerando i volumi e i punti serviti dal distributore collegato, ciò porterebbe un extra ricavo per la società di oltre 1,4 miliardi di Euro. Considerando che i valori di maggior tutela dovrebbero garantire la piena copertura dei costi, questo rappresenterebbe un incremento netto di marginalità per il fornitore, e di costo per il cliente. Per i clienti serviti, si tratterebbe di un aggravio medio di 37 €/anno, calcolato sulla base del PCV applicato in bolletta e non della RCV trattenuta dal fornitore.

Per A2A, che distribuisce solo nel Nord Italia, abbiamo considerato il valore di RCV per la zona Centro Nord di 37,42 €/anno relativo alle imprese con meno di 10 milioni di clienti. Il maggior margine per il fornitore diventerebbe così 38 milioni di Euro, abbastanza equamente distribuito fra rincaro fisso e variabile. In media, i clienti di questo fornitore avrebbero un aumento di 43 €/anno.

Infine, per ACEA abbiamo considerato RCV del Centro Sud di 40,77 €/anno. Con la PLACET attuale, porterebbe a casa un gruzzoletto di 71 milioni di Euro, aumentando le bollette dei suoi clienti in media di 28 €/anno.

Clienti non domestici

Per i non domestici, Enel Energia applica un raddoppio della quota fissa e un deciso incremento di quella variabile. Ciò si tradurrebbe in un maggior ricavo di quasi 2 miliardi di Euro, dovuto a un aumento delle bollette di 265 €/anno in media, sempre calcolato sulla base del PCV applicato in bolletta e non della RCV trattenuta dal fornitore.

Nel caso di A2A, invece, la crescita della quota variabile è leggermente superiore ma in parte compensata da una diminuzione della quota fissa. Tuttavia, nel complesso l’aggravio medio risulta di ben 506 €/anno, nettamente superiore a quello applicato da Enel. Il vantaggio complessivo per il fornitore risulterebbe pari a 115 milioni di Euro all’anno.

Infine, Acea vedrebbe ricavi e margini in crescita di 38 milioni di Euro, con le bollette dei clienti romani in aumento di 150 €/anno in media. I consumatori non domestici romani sarebbero quindi i meno penalizzati tra i clienti dei tre fornitori analizzati.

In tutti e tre i casi, la maggior parte del rincaro è dovuto all’aumento delle quote variabili, che nel caso di Acea rappresentano quasi la totalità dell’incremento