Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi

di altrabolletta

15 gennaio 2021

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Dopo quasi 5 anni di attesa, finalmente il governo ha pubblicato la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) per la localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari.

Questo deposito servirà a smaltire i rifiuti a bassa radioattività che oggi sono sparsi in vari depositi temporanei, localizzati nei siti delle vecchie centrali nucleari di Trino (VC), Caorso (PC), Latina e Garigliano (CE) e in un’altra ventina di località in quasi tutte le regioni d’Italia.

Perché costruire un deposito per i rifiuti radioattivi

L’Italia è stato uno dei primi paesi al mondo a produrre energia elettrica dalla fonte nucleare, con la prima centrale di Latina entrata in funzione nel 1962 e rimasta in produzione fino al referendum per l’uscita dal nucleare dopo il disastro di Chernobyl.

Dopo la chiusura degli impianti elettronucleari, sono iniziate le attività di smantellamento affidate alla Sogin, società pubblica che si occupa della demolizione e messa in sicurezza dei siti delle vecchie centrali. Queste attività sono finanziate dalla componente A2RIM degli oneri di sistema, che mediamente costa circa 6 € all’anno nella bolletta di una famiglia media.

Oltre ai materiali derivanti dalle centrali nucleari in dismissione, il deposito dovrà stoccare in sicurezza anche tutti gli altri rifiuti radioattivi prodotti nel passato e in futuro in Italia. Questi derivano soprattutto da attività di ricerca, industriali e mediche.

L’International Atomic Energy Agency (IAEA) dell’ONU ha affermato il principio che ciascun paese debba essere responsabile di gestire i rifiuti radioattivi prodotti sul proprio territorio. Questo principio è stato recepito dalla Direttiva Euratom 2011/70 e adottato in Italia con il Decreto Legislativo 45/2014. Nel deposito nazionale saranno perciò conservati esclusivamente i rifiuti prodotti in Italia, in passato e in futuro.

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Cosa verrà conservato nel deposito nazionale

Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi occuperà in totale 150 ettari, pari a circa 230 campi da calcio, e sarà dedicato alle scorie a bassa attività, ovvero quelle che diverranno sostanzialmente innocue al massimo in 300 anni.

Si prevede che nei 4 anni di durata prevista la costruzione impiegherà oltre 4.000 persone tra addetti diretti, indiretti e indotto. A regime si creeranno 700 nuovi posti di lavoro diretti e indiretti, che saliranno fino a 1.000 con l’indotto. Oltre al beneficio occupazionale, i territori che ospiteranno il deposito nazionale riceveranno dei contributi economici sulla base di una convenzione che sarà stipulata tra gli enti locali e Sogin.

In totale saranno conservati 78.000 metri cubi di materiale, che corrisponde all’incirca a un palazzo di 4 piani con una pianta delle dimensioni di un campo da calcio, ovvero un parallelepipedo lungo 100 metri, largo 65 e alto 12. Il volume totale deriverà per circa due terzi dalle vecchie centrali nucleari mentre il terzo rimanente è prodotto dalle attività civili di ricerca, medicina o industriali.

Infatti, i rifiuti radioattivi non sono prodotti solamente dalle centrali atomiche, ma anche da attività che fanno parte della nostra vita quotidiana. Queste comprendono attività mediche come i radiofarmaci contro il cancro o le attività diagnostiche quali radiografia e scintigrafia, oppure attività industriali di radiometria o di sterilizzazione.

Una volta costruito, il deposito sarà riempito fin da subito per circa il 40% con 33.000 metri cubi di rifiuti già prodotti, e oggi sparsi in vari depositi temporanei in giro per l’Italia. Gli altri 45.000 metri cubi di capacità saranno via via utilizzati con i rifiuti prodotti dalla fine dello smantellamento delle centrali nucleari e dalle attività di medicina, industria e ricerca nei prossimi 50 anni.

Dove si trovano i rifiuti nucleari oggi in Italia

Nel deposito nazionale saranno anche conservati temporaneamente i rifiuti a media e alta attività, stoccati in contenitori chiamati cask, schermati e resistenti a condizioni estreme di urti o incendi. Questi rifiuti saranno poi destinati a essere trasferiti in un deposito geologico di profondità in cui saranno conservati per le centinaia di anni necessari al decadimento.

Per questo deposito l’Italia sta valutando sia la fattibilità di realizzare un deposito condiviso all’estero con altri paesi, sia lo studio di una soluzione nazionale se l’ipotesi estera non fosse praticabile.

Dove potrà trovarsi il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi?

La Sogin ha individuato in tutto 67 aree potenzialmente idonee, sulla base di criteri relativi alla densità abitativa, alla presenza di linee di trasporto ed elementi di pregio agroalimentare e naturalistico.

Le aree con bassa o minore probabilità di terremoti sono state distinte in due classi: la classe A comprende le zone continentali ed è da ritenere preferibile alla classe B, che comprende le zone individuate sulle isole. Inoltre, le zone della classe A sono state ulteriormente classificate nelle due sottoclassi A1 (molto buone) e A2 (buone). Infine, le aree localizzate in zone di maggiore sismicità sono state classificate in classe C, e possiamo dire che rappresentano aree di riserva in cui però sarebbe preferibile non localizzare il deposito.

Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi è molto probabilmente destinato a essere realizzato in una delle 23 aree classificate in classe A1 o in classe A2.

Classificazione delle zone di localizzazione del deposito nazionale dei rifiuti nucleari

Le 12 zone migliori in classe A1 si trovano tra le province di Torino, Alessandria e Viterbo. In queste ultime due province si trovano anche 3 delle 11 aree in classe A2, con le altre sparse tra le province di Siena, Grosseto, Bari, Taranto e Matera.

Sono anche state individuate 15 aree potenzialmente idonee in Sicilia (Caltanissetta) e Sardegna (Oristano e Sud Sardegna), ma l’insularità dei territori le rende meno preferibili rispetto alle altre.

Per approfondire, Sogin ha realizzato il sito depositonazionale.it in cui sono presenti tutte le informazioni di dettaglio e che ti consigliamo di visitare per farti un’idea più completa di cosa comporta, sia in termini di rischi che di opportunità per i territori coinvolti.

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